Nell’anno del centenario della nascita del grande artista americano, Flussi, nel dedicargli la nuova edizione propone un concept che vuole richiamarsi non tanto alla “persona” di John Cage quanto alla forza ancora viva e generativa della sua opera, del suo metodo, del suo pensiero.

La linea/metodo Cage ci permette di consolidare ed integrare il concept dell’edizione del 2011 di Flussi. Se infatti da una lato l’opera di Cage si mostra come un continuo congegno generativo teso al superamento delle contingenze sensibili per approdare sempre ad originali ed inconsueti territori espressivi, dall’altro ci consente di ritornare con  rinnovata attenzione agli aspetti che abbiamo voluto evidenziare nel frame concettuale della scorsa edizione, ovvero alla presa di coscienza, alla consapevolezza della condizione storica  che stiamo attraversando, con particolare attenzione all’incessante trama di interazioni tra l’uomo e la tecnologia.
 Con l’edizione Consciousnet abbiamo inteso sviluppare l’idea di stabilire un’intimità simbolica con la complessità della realtà digitale, una prospettiva tesa a recuperare una dimensione critica all’interno dei processi tecnologici ed economici del contemporaneo.

Il “disagio della modernità” – ipertecnologica e ultraliberista – in cui siamo tutti coinvolti, pone alle pratiche espressive la questione di individuare o tracciare nuovi sentieri per pensare il “fuori”.

Out of… Il fermo immagine che paradossalmente l’ipercinetico fluire di informazioni e capitali sembra produrre, l’orizzonte permanente che si offre allo sguardo e ai corpi sempre più irreggimentati da un’apparente libertà di movimento che in fin dei conti coinvolge le merci più che le menti.

Out of la “gabbia d’acciaio” weberiana allestita dai processi di razionalizzazione, che magari è sempre più una gabbia di vetro – trasparente come trasparenti divengono i vissuti che spontaneamente offriamo all’analisi dei grandi dispositivi di gestione informazionale – assume le sembianze di un vero e proprio blocco di presente, gommoso e al contempo inscalfibile, che tutto assorbe, integra e omogeneizza.

Le pratiche estetiche possono mai porsi all’interno di questo scenario limitandosi per l’appunto ad “estetizzare” le tecnologie che il capitale allestisce e incessantemente assembla (come del resto sembra stiano facendo ampi settori della “creatività digitale”)?

Cosa possono fare se non cercare di mettersi di traverso, provocare deviazioni, liberare potenziali inespressi in compagnia delle – se non in un confronto corpo a corpo, una lotta con le – macchine?

Il compito delle pratiche artistiche allora non è immaginare un impossibile arresto o inversione di tali processi, ma prenderne coscienza, vero fattore dirompente, al fine di procedere con maggiore precisione e lungimiranza lungo linee che vanno tanto tracciate quanto percorse.
Con Cage, grazie a Cage, attraverso Cage, ci piace immaginare di ingaggiare una serrata tensione con i sistemi di produzione delle “grandi narrazioni di senso”, per sperimentare rotture, forzare crepe, autorizzare incesti cognitivi ed esogamie di significati.
Ed allora non resta altro che situarsi Out of Cage.

“I have found a variety of ways of making music – and I continue to look for others – in which sounds are free of a theory as to their relationships.”

John Cage
FLUSSI 2012